Cosa significa apicoltura amica della biodiversità? Con il termine biodiversità si intende la varietà degli esseri viventi, animali, vegetali e microrganismi, esistenti in un habitat. Favorire la biodiversità è molto importante perché un ambiente povero di biodiversità non sa reagire ai cambiamenti che in esso avvengono. Provo a fare un esempio che riguarda le api e quindi l’apicoltura.
Alcuni apicoltori potrebbero decidere di allevare api che hanno un alta parentela perché sono molto produttive, docili e poco sciamatrici. Però potrebbero non sapere che questa popolazione di api è, invece, molto sensibile ad un nuovo virus chissà come arrivato da un luogo sconosciuto. Questo scenario si può verificare quando, per motivi produttivi, gli apicoltori acquistano regine da un solo allevatore - che le riproduce da pochissime linee - o anche da molti ma che a loro volta acquistano le madri per moltiplicarle da un unico selezionatore. In una popolazione variegata, ovvero non sottoposta ad una pressante azione selettiva, i danni derivanti dall’arrivo del nuovo parassita ipotizzato (ma lo stress potrebbe aversi anche per un repentino cambiamento climatico o altro), sarebbero minimizzati dalla variabilità genetica. Un programma severo di selezione elimina tutte le colonie (che quindi sono escluse dalla riproduzione) non particolarmente produttive ma nel cui DNA si potrebbero nascondere dei caratteri favorevoli alla sopravvivenza in ambiente ostile. Non è un caso che le multinazionali delle sementi si sono dotate di banche del genoplasma per cautelarsi (e quindi ritagliarsi un futuro economicamente sostenibile) da possibili errori selettivi e da eventi futuri non facilmente ipotizzabili.
La biodiversità è quindi una ricchezza incommensurabile (e per questo poco considerata) di cui gode l’umanità intera e le decisioni su essa non dovrebbero essere sulle spalle di pochi allevatori che sono inoltre in conflitto di interesse. Più un ambiente è ricco di biodiversità più l'ecosistema è flessibile e sa reagire senza troppi sconvolgimenti all'ingresso di fattori avversi. Un ambiente ricco di biodiversità è più stabile di uno povero. Un ambiente che ha perso buona parte della varietà biologica in esso contenuta è quasi impossibile che possa ritornare allo status quo precedente.
Si favorisce la biodiversità di un ecosistema aumentando la varietà biologica delle specie viventi. Riprendendo il tema iniziale avendo l’ape come focus, si favorisce la biodiversità delle api mantenendo il più possibile la variabilità all'interno della specie Apis mellifera. L’apicoltore che guarda solo al presente si comporta come se non ci fosse un domani. Prende le sue decisioni esclusivamente dall’osservazione dei melari che si riempiono (quindi al miele prodotto) e dai sistemi che facilitano l’allevamento delle api. Acquista ibridi o sottospecie non autoctone. Al contrario, l’apicoltore che si interessa al domani pensa che il futuro possa riservare delle incognite non prevedibili e preferisce mantenere un alto grado di variabilità (comprese colonie non sempre super produttive o sono capaci di comportarsi in maniera omogenea) prendendosi in carico un leggero surplus di lavoro dovuto alla variabilità comportamentale dei suoi alveari, che però può recuperare, lui o i suoi discendenti, in seguito.
Ora ti spiego perché la selezione spinta e la diffusione in larga scala di api ibride e anche di sottospecie non autoctone è un forte impoverimento della specie. Lo è perché la selezione che c’è dietro questo tipo di api è fatta apposta per diminuire la variabilità all’interno dell’allevamento. In questo modo le colonie hanno dei comportamenti prevedibili e quindi standardizzabili (scarsa tendenza alla sciamatura, estrema docilità, ecc.). I selezionatori ottengono questo risultato utilizzando solo pochissime linee di discendenza. Un disastro dal punto di vista della biodiversità. Inoltre queste api non riescono a trovare un equilibrio con l’ambiente perché gli ibridi devono le loro performance all’eterosi e le sottospecie non autoctone perdono velocemente le loro caratteristiche perché le regine vergini loro figlie si accoppieranno con fuchi di genetica ignota. Quindi dopo un paio di anni o poco più l’apicoltore che usa questo metodo è costretto a sostituire tutte le regine dei propri alveari con altri ibridi o api di sottospecie non autoctone. Oltre alla poco etica strage di regine, ottiene un ambiente privo di api che possono selezionarsi in base alle necessità ambientali e capaci di equilibrarsi con esso.
Come risultato finale, se questo processo diventerà generalizzato, si otterrà un unico miscuglio genetico di api con performance scadenti. Dopo aver distrutto la meravigliosa biodiversità che oggi è possibile ancora trovare in alcuni areali, lo stesso allevatore di ibridi subirà un danno irreparabile perché gli ibridi devono le loro performance all'incrocio di sottospecie diverse ovvero al fatto che in qualche territorio qualcuno si è impegnato a tutelare la biodiversità che, invece, loro stanno distruggendo.
Per la salvaguardia della Natura, ogni tipo di selezione (anche quella che si compie sulle sottospecie autoctone) è sempre negativa perché riduce la biodiversità: da una popolazione di alveari, il selezionatore ne prenderà pochissimi e li moltiplicherà a dismisura. Ma alla Natura non importano le performance ma solo la sopravvivenza della specie. Ovvero, non le interessa tanto il fatto che una colonia d'api produca 3 o 4 kg di miele in più sulla fioritura dell'acacia, ma che sappia resistere all'aggressione dei parassiti. Questo è importante a maggior ragione in un momento in cui non esiste quasi più una popolazione di alveari selvatici, in seguito alla diffusione della Varroa. Da non dimenticare che la essa è dipesa dal modello di apicoltura industrializzato che oggi vuole imporre un modello di apicoltura basato sull’uso di ibridi e sottospecie non autoctone.
Inoltre c’è un altro aspetto che è necessario considerare prima di scegliere un modello di apicoltura oppure un altro. Andare contro la variabilità genetica delle api è come andare contro quello che loro più desiderano dai primordi della loro evoluzione. Te lo dimostra il fatto che l'accoppiamento tra regine e fuchi avviene in volo ad una notevole distanza dall'alveare d'origine della regina, in luoghi detti “assembramenti di fuchi” dove i maschi di tutti gli alveari di un’ampia zona si riuniscono in migliaia; inoltre i maschi, nel momento degli amori, sono tranquillamente accettati da ogni alveare e ogni maschio, nella sua vita, può allontanarsi dal proprio alveare d'origine per alcune decine di chilometri. Infine, ogni regina vergine, durante il volo nuziale, si accoppia con più fuchi (poliandria), normalmente una quindicina ma fino a 25. Ma in un ambiente povero di variabilità genetica una regina vergine, che sta volando per il suo accoppiamento, troverà sulla sua strada principalmente fuchi potenzialmente imparentati tra loro e con lei. Ho detto che l'ape regina si accoppia con più maschi ma se questi maschi sono imparentati tra loro è come se si accoppiasse con un esiguo numero di fuchi.
La poliandria è una interessante condizione perché la comunità di operaie, grazie ad essa, sarà molto variegata e composta da più gruppi o sottofamiglie di individui legati geneticamente dal fatto di avere il padre in comune (patrilinee). Possiamo dire che già nell'alveare si manifesta una spiccata biodiversità.
In alcuni recenti studi scientifici è stato scoperto che è nel genere Apis e in limitatissime altre specie di formiche e vespe, che in assoluto si concentra il maggior numero di specie di insetti in cui la poliandria è sovrabbondante mentre in altri generi il numero di maschi che si accoppia con la regina è molto vicino ad 1. Anche nelle api senza pungiglione e nei bombi la media di maschi che feconda la regina è prossima a 1. Quindi la poliandria non è frequente negli insetti sociali, anzi sembrerebbe l'esatto opposto. In effetti, l'accoppiamento della regina all'esterno dell'alveare è un momento molto delicato per la colonia perché può mettere a rischio la sua sopravvivenza ad esempio per la predazione della regine durante il volo di fecondazione. Inoltre prevede dei costi energetici molto alti. Gli insetti sociali si assumono il rischio del volo di accoppiamento perché è essenziale per loro minimizzare il pericolo di consanguineità (con l'accoppiamento all'interno dell'alveare la regina vergine rischia facilmente di accoppiarsi con un suo fratello) ma solo le api del genere Apis dilatano questo rischio con la loro poliandria spinta.
In un altro studio scientifico è stato osservato che questa grande variabilità genetica, che si riscontra all'interno delle colonie, aumenta il loro comportamento igienico. L'istinto igienico è quel comportamento che hanno alcune operaie della colonia per il quale sono capaci di aprire le cellette nelle quali si trovano delle pupe morte o in sofferenza e di rimuoverle eliminandole dall'alveare. Così facendo forniscono protezione alle altre larve che non rischiano di ammalarsi. In queste circostanze, l'accoppiamento multiplo può aumentare la media delle api che hanno questo istinto e, quindi, la poliandria potrebbe essere un adattamento evolutivo utile a contrastare il diffondersi delle malattie all'interno dell'alveare.
Quindi devi sapere che se perseguirai l'apicoltura amichevole con le api entrerai a far parte di un progetto ancora più ampio e d'interesse collettivo di recupero della biodiversità. Basta soltanto prenderti cura delle api che il caso ti ha donato e cercare di non cadere nella tentazione delle sirene della produttività che ti promettono raccolti da favola. Dentro ognuna delle api svolazzanti del tuo alveare intenta a portare qualche milligrammo di nettare, c’è un patrimonio genetico d'inestimabile valore degno della tua massima considerazione.
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